Maria Danese si occupa di Geographic Information Science. Le sue ricerche riguardano soprattutto l’informazione geografica, dalla strutturazione e la gestione del dato applicata al patrimonio culturale, alla modellazione e alle analisi di dati spaziali, ovvero delle informazioni con una connotazione geografica. Per conto del CNR, è la responsabile di “Collaborative Mapping for Basilicata Heritage”, un gruppo di azioni di Heritage Smart Lab, progetto finanziato dalla Regione Basilicata.

Qual è il comune denominatore, la caratteristica comune a tutti gli smart lab che coordina?

Il primo aspetto interessante di “Collaborative Mapping for Basilicata Heritage” è che c’è una produzione di dati a trecentosessanta gradi: da quelli classici sul patrimonio culturale inteso come bene materiale dotato di una sua posizione e di caratteristiche specifiche, a quelli relativi alla opinione delle comunità e a come le persone vedono il territorio in cui abitano.

Il secondo aspetto fondamentale, comune a tutta l’azione Collaborative Mapping for Basilicata Heritage è la componente open data. Tutti i dati che vengono prodotti saranno restituiti in formato aperto alla comunità e in questo avvertiamo una forte responsabilità.

Il terzo aspetto importante nell’azione è svelato dall’acronimo con cui abbiamo chiamato questo gruppo di azioni: ECOPACU, ovvero ECOsistema digitale per il PAtrimonio Culturale, perché quello che si sta sviluppando è un insieme di strumenti web indipendenti tra di loro, tra cui il fil rouge è lo scambio di dati che può avvenire grazie all’interoperabilità. La cornice in cui ci muoviamo per la strutturazione dei dati è disegnata dagli standard di catalogazione nazionali dell’ICCD, con vocabolari e ontologie specifici, anche per permetterne l’interscambio con quelli prodotti in altri contesti, quali quelli nazionale o regionali. Vengono recepiti anche gli standard internazionali, condividendo gli output dei vari smart lab come Linked Open Data, nel formato dunque più interoperabile e condivisibile, classificato di qualità cinque stelle da Tim-Berners Lee. Una caratteristica importante di questi portali indipendenti tra loro è che Lucana Sistemi, l’azienda che coordina l’azione, ha sviluppato un sistema single sign on, che permette l’accreditamento ad essi con una password unica. Questo costituisce un ulteriore incentivo per diversi soggetti ad usare gli strumenti e ad inserirvi, liberandoli, i propri dati.

Laboratorio di co-progettazione a Grassano, WP2.2

Raccontiamo in sintesi gli obiettivi dei cinque smart lab che prevede questo gruppo di azioni?

La prima azione (TRAIETTORIA ONTOLOGICA E OPEN DATA) la possiamo definire “di governo” di tutte le altre. Riguarda la definizione delle caratteristiche che devono avere i dati, gli standard nazionali e le buone pratiche utilizzate in contesti a diversa scala per garantire la loro interoperabilità, anche all’interno dei vari gruppi di lavoro.

La seconda azione (MAPPE DI COMUNITÀ) riguarda l’inclusione dei dati derivanti da laboratori di ascolto delle comunità. Fa parte di questo gruppo di attività anche lo sviluppo di un prodotto, coordinato da Maria Valeria Mininni dell’Unibas, l’Atlante del cibo. Un’unica piattaforma che raccoglie le informazioni, le conoscenze, gli attori e tutto ciò che riguarda il sistema del cibo lucano.

La terza attività (HERITAGE GEO-CATALOGUE) riguarda lo sviluppo di un Geocatalogo sul patrimonio culturale lucano. Al momento sono stati individuati due campi di studio: Matera e l’unità di paesaggio del Vulture. I dati che inseriremo saranno rilasciati e scaricabili in formato aperto. Questo è un aspetto di cui sono molto orgogliosa. Infatti, nonostante tra le keyword del nostro tempo ci siano i big data e il machine learning, sul patrimonio culturale continuiamo ad avere dei veri e propri buchi di informazione sul patrimonio culturale. Quanto inserito nel Geocatalogo potrà essere visualizzato e scaricato in diversi formati, anche in base al diverso livello di competenza e di interesse degli utenti, per riutilizzarli. Al momento stiamo inserendo i dati sul patrimonio archeologico e quelli sull’architettonico. Un esempio di integrazione tra smartlab avverrà con lo scambio di dati relativi all’Atlante del cibo. Il cibo tradizionale, infatti, insieme alle ricette per prepararlo, è considerato bene immateriale e anche per esso l’ICCD ha previsto una scheda.

La quarta attività (HUMAN MEDIATED SOCIAL NETWORK ANALYSIS ) ha l’obiettivo di recepire tutti i dati derivanti dagli altri smartlab di questa azione per strutturare una profilazione degli utenti e per costruire un sistema di raccomandazione che indirizzi e segnali argomenti affini alle proprie preferenze di visualizzazione. Alla base c’è un’intenzione di marketing territoriale, oltre che di incentivo alla fruizione del patrimonio culturale.

La quinta (LANDSCAPE DISCOVERY MAP) contiene tre micro-attività. La prima micro-attività riguarda lo sviluppo di una piattaforma per raccontare il territorio a chi fa impresa intorno al mondo del turismo: Geostorie, con uno storytelling geografico, che permette di raccontare le storie dei luoghi, seguendone lo sviluppo all’interno di una mappa. La seconda micro-attività riguarda la strutturazione di un sistema di catalogazione e visualizzazione dei punti di interesse (POI), intesi non solo come patrimonio culturale, ma anche come servizi che un territorio deve avere per essere attrattivo dal punto di vista turistico. La catalogazione dei POI è un problema non banale, poiché il dato relativo ad essi è solo parzialmente standardizzato, per cui allo stato dell’arte attuale ci sono diversi modi di rappresentarli e catalogarli. Infine la terza micro-attività riguarda la progettazione e la visualizzazione di itinerari turistici e naturalistici. Alcuni itinerari potranno essere inseriti dal gruppo di lavoro, ma si auspica che verranno principalmente creati dai soggetti che si accrediteranno Ad esempio potrebbe essere uno strumento usato da chi si occupa di servizi turistici, inserendo i propri itinerari e creando un QR code per pubblicizzare il proprio lavoro. La comunità avrà la possibilità di valorizzare direttamente il proprio territorio inserendo le proprie geostorie e i propri itinerari di scoperta del paesaggio.

Da chi è composto il gruppo di lavoro, quali sono le discipline e gli approcci multidisciplinari?

Oltre al CNR, dell’Unibas, lavorano a questa azione specifica Graziella Bernardo, Domenico Copertino e Maria Valeria Mininni. Il personale CNR coinvolto è costituito da Marilisa Biscione, archeologa esperta in scienza della conservazione del patrimonio culturale, Dario Gioia e Fabrizio Gizzi, geologi, Maria Rosaria Potenza, collaboratore tecnico di supporto alle attività. Lavorano al progetto anche gli assegnisti di ricerca Luisa Aino, archeologa, Maria Carmela Grano, esperta in scienze della conservazione del patrimonio culturale e Antonio Minervino, geologo.

Il team di aziende che partecipano alla realizzazione degli output degli smart lab è composto da Exo, Hsh, Lucana Sistemi, Publisys e TboxChain. Il tutto è supervisionato da Nicola Masini, responsabile scientifico del progetto.

Proviamo a spiegare l’importanza degli open data come logica e come strumento funzionale alla valorizzazione del patrimonio culturale?

Ho grandi speranze a proposito dei diversi strumenti creati nell’azione “Collaborative Mapping for Basilicata Heritage”, partendo ad esempio dalla pubblicazione del Geo-portale. Inoltre, siamo felici di dare alla Basilicata questo insieme di informazioni in open data, per tutti i significati che implica questa la disponibilità di dati aperti. Questi infatti promuovono l’innovazione e possono dare anche nuovo impulso alle attività imprenditoriali.

Conoscere un territorio e i suoi elementi di valore è il primo passo per la valorizzazione ma è anche finalizzato all’ottimizzazione di risorse nella produzione dei dati. Come diceva il mio professore di dottorato Beniamino Murgante, se io costruisco un viadotto però l’accesso è garantito solo a un certo numero di persone, sono costretto a costruire un altro viadotto per tutti quanti. Ciò comporterà uno spreco di risorse sia a livello economico che di tempo. La stessa cosa vale per i dati, che sono a tutti gli effetti “infrastrutture pubbliche” e di conseguenza patrimonio di tutti, soprattutto quelli prodotti dalle pubbliche amministrazioni e finanziati con soldi pubblici.

Dobbiamo tuttavia considerare che sul patrimonio culturale bisogna avere un’attenzione in più nella produzione dei dati, sia in termini di qualità sia in termini di sicurezza. Questo significa che non tutti possono inserire dati sul patrimonio culturale, chiaramente bisogna avere le competenze. E poi dobbiamo tenere a mente il discorso sulla sicurezza: semplificando, ad esempio inizialmente va garantita la proprietà della scoperta o ancora il patrimonio va protetto da possibili furti. Tuttavia anche sui dati relativi al patrimonio culturale bisogna senza dubbio incoraggiarne apertura, consultazione e riuso. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero essere moltiplicatori di questa visione di sviluppo, credendo fermamente che la pubblicazione in open data di informazioni sul patrimonio culturale è importante anche per aumentare l’attrattività del territorio.

Non a caso un altro degli strumenti sviluppati nell’azione riguarda la catalogazione dei punti di interesse e lo sviluppo di geostorie ed itinerari. Immaginiamo, ad esempio, che ciascun Comune utilizzi questi strumenti per inserire e mantenere aggiornate le informazioni su tutti i servizi offerti nel proprio territorio di competenza. Partendo da questa base, quante analisi sarebbe possibile fare sull’offerta di servizi migliorandone l’efficacia e la qualità della fruizione? Sarebbe possibile avere, per tutti, in maniera open, la distribuzione dei servizi sul territorio, comprenderne eventuali deficit o determinare eventuali domande non corrisposte dal mercato.

Come si aspetta vengano recepiti questi strumenti da chi compone l’ecosistema culturale della Basilicata?

Probabilmente tra tutte le attività previste da Heritage Smart Lab, ECOPACU raggruppa quelle che più facilmente possono essere comprese e adottate nel breve termine, attraverso questo sistema di portali che copre diversi aspetti con un’unica chiave di accesso. Serve principalmente l’intenzione di utilizzare questi strumenti per condividere dati, anche perché se ci sono degli strumenti che consentono di metterli in rete e promuovere le proprie attività, piuttosto che sviluppare ogni volta una soluzione nuova partendo da zero e sprecando tempo e soldi, perché non usarli? E questo approccio può riguardare tutti, soggetti pubblici e privati.

Ultima domanda su come questo gruppo di azioni dialoga con gli altri gruppi di progetto.

Potremmo potenzialmente essere aperti a ricevere tutti i dati derivanti dagli altri smart lab, quindi alcuni di questi portali potrebbero servire di supporto agli altri. Qualche mese fa, per testare la tecnologia, avevamo per esempio iniziato a inserire alcune geostorie che riguardavano le attività di sperimentazione dei gruppi di lavoro. Ma ancora non possiamo dire con precisione quali e quanti altri dati saranno pubblicati oltre a quelli già raccontati.